Dalle spade ai coltelli, dagli scudi ai piatti, dalle lance agli spiedini: ma cosa ha a che fare il cibo con la guerra?
Parecchio a ben vedere, se non altro perché come si sa le guerre sono quasi sempre una faccenda economica, per accaparrarsi mezzi di sussistenza o occupare zone più produttive. In ultima analisi per cibo. Del resto, per ragionare più terra-terra, un legionario non veniva pagato (da cui il termine salario) in sale? E le città assediate non capitolavano per fame?
Abbiamo anche pensato però che se Oscar Wilde sosteneva che di fronte a un piatto avrebbe perdonato persino un parente, allora nessuno poteva continuare a essere nemico di un altro a tavola.
Così a ogni incontro, dopo il racconto di una grande battaglia, a tavola metteremo insieme vinti e vincitori, sconfitti e trionfatori, con grandi piatti che li richiamino entrambi e con i profumi e i sapori della terra che ha fatto da scenario al loro scontro.
Grandi piatti e grandi battaglie. Grandi battaglie non tanto perché famose ma perché hanno segnato un’epoca e un tempo. Grandi perché hanno rappresentato molto per chi le ha combattute. Grandi perché hanno fatto emergere i valori più alti e gli istinti più bassi.
Un vero e proprio racconto visto dalla prospettiva limitata del soldato semplice ma anche con considerazioni di natura politica, antefatti, conseguenze e aneddoti presi dalla letteratura dell’epoca, da Tucidide a Polibio, da Giovanni Villani a Isidoro di Kiev.
Una storia così non ve l’hanno mai raccontata.